Jung ha riflettuto a lungo sul significato achetipico delle fiabe
Il termine archetipo (da archè, principio, origine, e typos, forma ma anche immagine) indica le “immagini primordiali”, depositate nella profondità della coscienza individuale, patrimonio di una matrice inconscia e comune a tutti i popoli. I personaggi delle fiabe rappresentano simbolicamente i vari elementi dell’apparato psichico.
Nella fiaba Raperenzolo e, in particolare, nella rivisitazione animata Rapunzel e l’intreccio della torre riconosciamo alcuni elementi primordiali delle nostre dinamiche sociali. La principessa rapita in tenera età è costretta a vivere rinchiusa in una torre dalla sua matrigna, una donna che abusa del suo potere magico curativo. Madre Gothel abusa della ragazza, sfrutta il suo potere per non invecchiare e rende la prigionia della piccola oltre che fisica anche psichica. Rapunzel subisce una manipolazione costante da parte della matrigna che descrive il mondo intorno a lei malvagio e pericoloso: è per il suo bene che la fanciulla deve rimanere rinchiusa. Rapunzel non è in grado di affrontare ciò che è fuori la torre, non deve entrare in contatto con la realtà esterna.
“Vedi madre tu credi che io non sia abbastanza forte per cavarmela da sola là fuori ma…”- prima di essere interrotta dalle parole della madre – “No, cara, io so che tu non sei abbastanza forte…”.
Rapunzel ha paura del mondo esterno non solo perché madre Gothel non le permette la libera esplorazione (“è un bel dramma senza mamma”), ma anche per il perdurante senso di colpa che nasce dalla sensazione di star tradendo la propria stessa madre. Non vuole sentirsi sbagliata pur sentendo il bisogno di uscire dalla sua torre di controllo. Il contatto con il mondo esterno la metterebbe nelle condizioni di potersi emancipare dal rapporto simbiotico con la sua carceriera, fare esperienza di un altro punto di vista sulla realtà. Il terrore della principessa rapita sarà superato conquistando una libertà autentica, attraverso la trasgressione del vincolo patologico (Rapunzel uscirà dalla torre grazie alla presenza di un ladruncolo che l’accompagnerà nel suo percorso di formazione) e attraverso la scoperta del bene e del male, della morte e della vita. La libertà come valore supremo e temuto.
Tra le opere più importanti e conosciute di H. Arendt c’è sicuramente Le origini del totalitarismo, un testo fondamentale per comprendere le origini e lo sviluppo del totalitarismo, in particolare evidenziando l’uso combinato di terrore e ideologia.
Il terrore è infatti la prima preoccupazione di un regime tirannico: gli individui presi dalla paura sono portati a rinunciare più facilmente alle proprie convinzioni, idee, valori e credenze religiose. Per incutere timore alla popolazione è necessario partire dall’isolamento, il terreno più fertile dove preparare l’infestazione.
L’isolamento è quel vicolo cieco in cui gli uomini si trovano spinti quando viene distrutta la sfera politica della loro vita, la sfera in cui essi operano insieme nel perseguimento di un interessa comune. H. Arendt, Le origini del totalitarismo
L’isolamento diventa estraneazione quando viene sottratta all’uomo la possibilità di autorealizzarsi in un lavoro creativo, quando si perde il rapporto con gli altri uomini e con le cose del mondo. L’estraneazione si verifica quando l’individuo non perde semplicemente la sua dimensione politica (isolamento) ma la vita umana nella sua interezza. Questo senso di non appartenenza al mondo è il risultato dell’azione di un regime totalitario che distrugge il settore pubblico e la vita privata dei cittadini.
L’estraneazione non è solitudine. La solitudine richiede che si sia soli, mentre l’estraneazione si fa sentire più acutamente in compagnia di altri. […] Nella solitudine, in altre parole, sono con me stesso, e perciò due in uno, mentre nell’estraneazione sono effettivamente uno, abbandonato da tutti. H. Arendt, Le origini del totalitarismo
Se nell’isolamento è ancora possibile pensare, dialogare almeno con se stessi, l’estraneazione riduce gli uomini ad atomi sociali, esseri passivi in balia del dominio altrui. Per questo motivo il dominio su individui estraniati finisce per diventare totalitarismo.
Per arginare il pericolo di una degenerazione politica ed umana è indispensabile conservare le radici, permettere agli individui di mantenere l’identità comunitaria, impedendo una generica massificazione culturale anche in vista di un bene comune o superiore. Occorre conservare il campo, e, se non è possibile eliminare immediatamente le piante infestanti, bisogna accettare semplicemente di preparare il terreno per la generazione futura, forse subendo oggi una grande sofferenza o ingiustizia. A volte l’unica strada percorribile è non raccogliere ma aspettare, seminare nuovamente per avere frutti migliori:
Nessun genere di crudeltà può distruggere una religione, che si fonda sul mistero della croce di Cristo. La Chiesa infatti non diminuisce con le persecuzioni, anzi si sviluppa, e il campo del Signore si arricchisce di una messe sempre più abbondante, quando i chicchi di grano, caduti a uno a uno, tornano a rinascere moltiplicati. S. Leona Magno, Discorso n. 82
La torre di Rapunzel va infatti lasciata, non distrutta.