Il 7 Ottobre del 1571, la più grande flotta ottomana della storia si muove verso il golfo di Corinto, schierata a forma di semicerchio, una mezzaluna minacciosa e assetata di potere. Al centro della formazione si muove la nave ammiraglia su cui sventola uno stendardo verde venuto direttamente dalla Mecca, su cui è ricamato, in caratteri d’oro, il nome di Allah per ben 28.900 volte. La potenza islamica in tutta la sua ambizione colonizzatrice, forte delle sue 270 galee e di un numero indescrivibile di imbarcazioni più piccole. Alì Pascià guida i suoi soldati verso il trionfo universale. Pochi anni prima, i figli di Maometto, avevano conquistato nel 1521 Belgrado e nel 1526 l’Ungheria, arrivando quasi alle porte di Vienna. Le coste dell’Italia del Sud erano state già ripetutamente saccheggiate come alcuni porti commerciali veneziani e alcune isole spagnole e genovesi. Il casus belli avvenne nell’Agosto del 1571: l’isola di Cipro era parzialmente passata agli ottomani, dopo mesi di assedio: i soldati cristiani vennero trucidati e il terrore si iniziò a diffondere in tutto il Mediterraneo.
Il 7 Ottobre 1571 una lega cristiana avanzava verso la mezzaluna ottomana, schierando le navi a forma di croce. Sulla nave principale sventolava un enorme drappo azzurro con la raffigurazione di Cristo in croce. Il comandante militare della missione cristiana era un venticinquenne, Giovanni d’Asburgo, figlio naturale del grande imperatore Carlo V. Le sorti dell’Europa erano riposte nella lega formata principalmente dalla Spagna, da Venezia, dall’Austria e dalle truppe pontificie. Il 25 Luglio del 1571 papa Pio V aveva convocato a Roma i delegati dei principali paesi cattolici e soltanto la Francia si defilò dall’impresa, per motivi di opportunismo politico e in chiave anti asburgica. Pio V era una teologo domenicano e si convinse che la guerra preventiva ai turchi fosse l’unico modo per contrastare l’avanzata degli infedeli. Il papa aveva intuito che l’espansionismo islamico non si sarebbe limitato all’occupazione di isole e porti. Soprattutto aveva rivolto preghiere e suppliche alla Vergine Maria, perché era consapevole della superiorità numerica e militare degli avversari.
Al termine della battaglia la Lega aveva perso più di 7.000 uomini, i turchi, contarono più di 25.000 perdite e 3.000 prigionieri. Per la prima volta dopo un secolo il Mediterraneo tornò libero. A partire da questo giorno iniziò il declino dell’impero ottomano. Si raccontano moltissimi aneddoti sui miracoli militari, sulle insperate guarigioni, sul coraggio dei protagonisti coinvolti. Il nome di Lepanto era entrato nella storia. Il pomeriggio del 7 Ottobre, Pio V stava esaminando alcune carte con i suoi consiglieri e, raccontano, improvvisamente si diresse verso la finestra guardando in direzione di Lepanto. Tornò indietro e disse ai presenti: “Non occupiamoci più di affari, ma andiamo a ringraziare Iddio. La flotta cristiana ha ottenuto vittoria“.
Il papa attribuì il trionfo di Lepanto all’intercessione della Vergine: nelle Litanie lauretane si aggiunse allora l’invocazione Auxilium christianorum. Anche il Senato Veneziano composto da uomini fieri e sprezzanti del pericolo attribuì alla Vergine il merito principale della vittoria. Sul quadro fatto dipingere nella sala delle sue adunanze vennero impresse queste parole: “Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii, victores nos fecit” (non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori).
Al di là del nemico da combattere, la fede ravviva il cuore dei pusillanimi, operando bene anche in situazioni disperate.