Abbiamo tutti un grande bisogno di leggere. I nostri occhi sono invece costantemente attratti dalle immagini e dai contenuti multimediali. La nostra attenzione è indirizzata a decodificare messaggi semplici, ripetuti ed emozionanti. Leggere implica un processo di astrazione ed immaginazione più complesso e lungo. Non abbiamo tempo per operazioni impegnative e riflessive. L’assenza del libro contribuisce ad appiattire la nostra gestione del tempo: non abbiamo mai tempo perché non possiamo sottrarlo alla durezza del vivere. La sostituzione della lettura con la fruizione visiva ha chiaramente delle conseguenze individuali e collettive.
Innanzitutto abbiamo smarrito l’elemento metafisico: quando sono impegnato a leggere una storia, un racconto, un romanzo, la mia mente non è rivolta a sequenziare delle lettere, ad analizzare la grammatica del testo. Leggo per acquisire un concetto, per scoprire un mondo fantastico, per rielaborare le mie convinzioni. L’essenza della lettura non è riconducibile alla scrittura ma a ciò che il testo riesce ad evocare. Lo scrittore è in un certo senso capace di utilizzare le parole come formule magiche e creare mondi prima sconosciuti. Nella mente del lettore i concetti, le emozioni, i valori sono prodotti grazie all’impegno di chi scrive e di chi legge.
Una società che propone un sapere universale, condiviso, egualitario, standardizzato è ancora capace di scrivere e leggere libri? Vivendo in un tempo apertamente antimetafisico (come desumiamo dal bisogno costante di trovare dati, numeri, quantità) e antispirituale (le chiese non sono diventati vuoti cimiteri?), appare così incredibile l’inutilità del libro? Il libro è il manufatto metafisico per eccellenza, il luogo dove le parole prendono vita grazie al bisogno di comprendere il mondo a partire dall’evocazione razionale, emotiva, morale, artistica, teologica dell’uomo per l’uomo. In una società del benessere, le esigenze fisiologiche sono la cifra dello stile di vita da praticare: mangiare bene, vestirsi bene, curarsi bene, morire bene. In altre parole un libro è un oggetto il cui valore può essere compreso soltanto a partire dall’utilità e dal valore commerciale che possiede. Eppure la realtà si rivela nel mistero, eccedendo la nostra percezione immediata e imperfetta. Come un libro che non va giudicato dalla sua copertina.
La forza della Sacra Scrittura non oltrepassa la cifra stilistica, culturale, storica, cultuale dei racconti? La lettura del Vangelo che ha ispirato Francesco d’Assisi, che lo ha chiamato ad una prodigiosa conversione e che ha chiamato a conversione milioni di persone, dove trova la sua forza? La meditazione della Parola non ha portato Francesco a cambiare il suo sguardo sulla realtà, a scoprire il codice genetico soprannaturale, a riconoscere l’amore di Dio in modo fisico e metafisico? La fede incarnata, storica, esperienziale, può essere esclusivamente ridotta a ciò che percepisce la coscienza, vissuta senza un cambiamento metafisico di ascolto, di sguardo, di gusto, di ascolto, di contatto? Ritorniamo ai libri, ritorniamo al Libro, ritorniamo alla metafisica.