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Teologia del denaro

In principio vi fu il baratto, poi arrivò il denaro. Ora avviene la sua smaterializzazione e completa sacralizzazione.

Nel 1971 il governo degli Stati Uniti emancipava il dollaro dalla sua base aurea: la banconota perdeva il suo controvalore in oro, il suo vincolo materiale. In un certo senso avvenne una doppia liberazione: la moneta non aveva un corrispettivo e non era più dipendente dall’oro e dalle sua fluttuazioni. Oggi l’autoreferenzialità del denaro nella sua accresciuta smaterializzazione (operazioni bancarie virtuali, pagamenti digitali e cripto valute emergenti) implica un aumento e un’accelerazione considerevole delle operazioni finanziarie. Il nostro mondo non è soltanto dominato dai soldi ma dal loro utilizzo costante e immediato. Il broker che analizza i mercati e vende azioni di paesi lontani e la casalinga che compra le scarpe online sono accumunati dallo stesso destino: la frenetica ricerca dell’affare.

Inoltre la moneta digitale, per esempio il bitcoin, ha rovesciato il paradigma della dipendenza: per creare soldi nel mondo reale bisogna sviluppare fabbriche di produzione virtuali, miniere digitali in cui estrarre valuta grazie al calcolo algoritmico. Per secoli lo Stato ha esercitato un controllo sulla moneta, tra qualche anno la moneta potrebbe esercitare un controllo sugli Stati grazie ad una indipendente sovranità produttiva e digitale. Totalmente indipendente. In un certo senso la moneta è faber suae fortunae, si trova nella condizione di poter sottrarsi all’autorità esterna. Tende a raggiungere gli attributi divini di indipendenza e incorporeità in vista di una sua totale perfezione.

Immaginiamo di chiedere a qualcuno “desideri o immagini di poter vivere in un mondo senza denaro?” , la sua risposta sarebbe verosimilmente sbalorditiva: oggi è impensabile un mondo senza denaro. Se rivolgessimo un ulteriore quesito rispetto alla possibilità di vivere in un mondo senza Dio, allora la risposta sarebbe più possibilista, tollerante, risoluta e serena. Fra gli esseri umani non esistono atei, agnostici o eretici: tutti riponiamo nella moneta almeno un pò di fiducia. I confini sacri della religione monetaria si spingono fino ai quattro angoli del globo. Il dio denaro gode di un culto universale, condiviso e supremo. La moneta virtuale, nella sua inconsistenza materiale non ha un palazzo, un tempio o una banca, perché il suo impero corrisponde propriamente a tutto l’impero: il suo è un panteismo finanziario.

Se non fosse un processo in atto il monoteismo monetario potrebbe apparire come un puro astratto metafisico: ente incorporeo, infinito, indipendente, necessario. Inoltre il denaro nel suo sviluppo storico ha affrontato un percorso di purificazione, passando da uno stato imperfetto ad uno virtuale in cui può essere rivestito di sacralità. Come si rapportano i fedeli con la divinità monetaria?

Innanzitutto la stretta dipendenza dal denaro denota uno stato di colpa perenne, in cui l’essere umano deve soddisfare i suoi bisogni primari e secondari che rivelano la sua miseria e precarietà. Inoltre il mito del benessere, il sogno di accumulare incessantemente ricchezze per raggiungere uno stato di presunta indipendenza, il desiderio della perfezione insita nel dio denaro, porta l’individuo ad una costante preoccupazione e alienazione del suo essere. Nella miope credenza di possedere la moneta, in realtà l’uomo è costantemente posseduto: è un credente fideistico. In particolare laddove crede di disporre di moneta virtuale, scopre la sua miseria, la sua paura. Il broker che gioca in borsa e la mattina scopre di aver virtualmente perduto tutto e la casalinga che vede sparire dal conto online parte dello stipendio non sono uniti dal primordiale e superstizioso timore di essere di fronte a qualcosa di incontrollabile, incomprensibile e numinoso? Come un dio ancestrale la moneta, in particolare la moneta virtuale dematerializzata, può fare quello che vuole. Non è forse un luogo comune che il denaro può comprare ogni cosa?

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