Lo spazio del mondo virtuale cresce quotidianamente in modo esponenziale. Apparentemente potrebbe sembrare un aumento di realtà. Ma il virtuale sfugge alle facili categorizzazioni. Il termine virtuale significa originariamente potenziale, esistente in potenza. I filosofi Scolastici identificavano con questo termine ciò che poteva diventare reale. Nel ventesimo secolo il virtuale diventa argomento di conversazione quotidiana. Deleuze riprende e approfondisce il tema del virtuale come “reale ma non attuale, ideale ma non astratto”. Ancor più impegnativo è dare un significato alla realtà virtuale. Constatando la difficoltà secolare di definire il termine reale, oggi con realtà virtuale si intende un evento/entità reale negli effetti, ma non nei fatti. Quali sono oggi gli effetti della realtà virtuale? Innanzitutto il virtuale riproduce la realtà attraverso una simulazione interattiva di immagini e video. La crescente produzione di contenuti multimediali sta inoltre riproducendo il mondo naturale negli spazi digitali in cui è possibile immergersi con il corpo. Il virtuale è inoltre utilizzabile in rete, permettendo uno linguaggio comunicativo e collaborativo che supera i limiti del linguaggio verbale e visivo. Il virtuale è una realtà amplificata dalla potenza di calcolo delle macchine elettroniche che trasformano automaticamente l’identità umana: superuomini o oltreuomini. In un videogioco che simula la vita reale, per esempio, il giocatore lascia le proprie caratteristiche umane per trasformarsi in un personaggio, abbandonando le tre dimensione proprie della realtà: finitezza, temporalità e fragilità. In un videogioco il giocatore può andare avanti e indietro, superando i limiti temporali e potendo salvare il proprio personaggio che, di fatto, non può morire.
La metafisica parte invece dai nostri limiti. Se nel mondo virtuale il limite è potenzialmente scartato e superato, nella metafisica il limite è il pane sacro del principio di ragion sufficiente.
I nostri ragionamenti si fondano su due grandi principi: a) il principio di contraddizione, in virtù del quale giudichiamo falso ciò che implica contraddizione, e vero ciò che è opposto o contraddittorio al falso. b) il principio di ragion sufficiente, in virtù del quale consideriamo che qualsiasi fatto non potrebbe essere vero o esistente, e qualsiasi enunciato non potrebbe essere veridico, se non ci fosse una ragion sufficiente del perché il fatto o l’enunciato è così e non altrimenti – per quanto le ragioni sufficienti ci risultino per lo più ignote.
Leibnitz, Monadologia
La metafisica antica di Parmenide aveva già stabilito che la realtà si fonda sul limite: l’essere è, il non essere non è. La logica ontologica si basa sul principio d’identità (A=A), cui il principio di ragione offre la garanzia di realtà. I due discorsi, logico e ontologico, si sostengono così a vicenda, esautorando la scienza moderna, che prevede probabilità non nulle per falsi positivi (c’è l’effetto in assenza di causa) e falsi negativi (non c’è l’effetto in presenza della causa).
Il virtuale non è metafisico in quanto bisognoso di un’interfaccia: nel momento in cui accediamo in una dimensione artificiale, necessitiamo di interfacce che fungono da portali. Gibson definisce la realtà virtuale una sorta di “allucinazione consensuale”, un incantesimo che agisce sull’uomo in modo psicologico. La presunta infinitezza e la libertà del mondo virtuale rappresentano in realtà una gabbia. Se nella metafisica razionalizziamo la realtà che pensiamo attraverso il limite, nella realtà virtuale la nostra stessa percezione del mondo fisico è confinata, in quanto noi viviamo nel mondo fisico pur viaggiando veloci nel cyberspazio tramite dispositivi e terminali. Oggetti fisici che nella loro materialità sono gabbie in cui i criceti girano la ruota sognando di correre in spazi lontani.