Conversione è metànoia

Profondo mutamento nel modo di pensare, di sentire, di giudicare le cose.

Il mito della caverna di Platone può essere letto e interpretato secondo molteplici punti di vista. La storia è assai nota e può essere così sintetizzata:

La caverna è un luogo chiuso e angosciante, dove i prigionieri, incatenati fin da fanciulli, possono vedere soltanto alcune ombre proiettate sulla parete che sta loro di fronte. Le ombre, generate mediante il trasporto di alcune statue investite dalla luce di un fuoco, sono per loro l’unica e vera realtà esistente e non possono conoscere ciò che accade alle loro spalle. Improvvisamente, uno schiavo è liberato dalle catene: a fatica, raggiunge l’esterno della caverna e scopre il mondo vero. Dopo aver scoperto la finzione e la falsità delle ombre e degli oggetti utilizzati per proiettare le immagini sul muro, il prigioniero, raggiunge l’ingresso della caverna: inizialmente rimane abbagliato dalla luce del sole e solo poco per volta impara, dapprima, a discernere gli oggetti del mondo autentico e, infine, a guardare direttamente il sole, somma del bene. Il prigioniero decide di tornare nella caverna per liberare anche i suoi compagni, affrontando il suo destino di derisione e, in ultimo, di morte: gli schiavi rifiutano di credergli e non vogliono rovinarsi gli occhi con la luca, perciò lo uccidono.

Il percorso del prigioniero di Platone assomiglia al transitare in alto e in basso su una scala. La risalita verso la luce, verso la scoperta del sommo bene, avviene superando (faticosamente) dei gradini. Il primo è quello dell’eikàsia, letteralmente immaginazione. In questo stato non è possibile riconoscere la realtà: si conosce solamente ciò che si vede, si sente, si percepisce. Si conosce con la pancia, immobili, non distinguendo la luce dalle tenebre. Si agisce seguendo le proprie voglie: essenzialmente “mi si crea” o “non mi si crea”.

Il secondo gradino è quello della pistis, la credenza. Questo stato ricorda la situazione dell’uomo che si sveglia al mattino, in transizione dall’incoscienza alla coscienza. Siamo in un momento più elevato rispetto al primo stadio ma ancora si svolgono delle azioni per credulità: non si è ancora liberi e le azioni si compiono perché l’hanno detto gli altri, sulla fiducia di quello che mi viene proposto.

Salendo al terzo gradino si raggiunge la diànoia. Questo è il primo stato volontario, lo stato critico, della messa in discussione. Non è un passaggio scontato. Occorre un aiuto esterno per uscire dal proprio sistema di credenze. Forse la presenza di un familiare, di un maestro, una guida, possono generare un desiderio di cambiamento. Alcuni eventi straordinari come una grande inquietudine spirituale, fallimenti oppure avvenimenti tragici, gravi delusioni o malattie, o la presenza di eccezionali qualità morali, possono generare un’insolita capacità di autocritica. Il conseguente risveglio porta ad un necessario pentimento, riconoscere lo stato di errore e desiderare una vita nuova, libera dal vizio e autenticamente orientata al bene. Dalla credulità si passa al vero credere: non si crede più perché ci si fida, ma perché si incomincia a sperimentare di persona.

L’ultimo gradino è quello della nous: la luce è finalmente accolta, il Sole risplende nella sua bellezza e l’uomo riconosce la realtà per quello che è. L’uomo non dipende più dalle immagini, dalle ombre, ha superato il conformismo, le credenze che impedivano la sua crescita, ha sviluppato un giudizio critico, ha discernimento. Il pirgioniero alla fine è fuori dalle tenebre, non è più schiavo ed è capace di vivere in presenza del Sole, di riconoscere la verità delle cose, di stabilire una relazione autentica con se stesso e con il mondo.

La conversione del prigioniero non si esaurisce nel suo benessere: una volta che ha riconosciuto la luce deve tornare nella caverna, deve liberare i suoi compagni. Il prigioniero liberato non considerò un tesoro geloso il suo stato, godendo in modo gnostico dei suoi progressi: scende nuovamente nella caverna in cerca dei suoi fratelli, consapevole che avrebbero potuto ucciderlo. Scende perché è consapevole che vivere nelle tenebre, vivere nell’immaginazione, rispondendo solamente alle pulsioni è una non vita, è morte.

Il termine greco metànoia indica, nella tradizione della Chiesa, il cambiamento di mentalità che porta il credente a riunirsi a Dio, a capovolgere il suo modo di pensare e di agire. Il Creatore infatti non si dimentica mai della sua creatura, anche quando il peccatore si perde nel deserto, rifiuta di fare il bene, rimane fermo nella sua ostinazione malvagia. Dio aspetta pazientemente la conversione. S. Agostino descrive sapientemente come Dio rimane sempre presente nella vita dell’uomo, insieme nel fondo della caverna:

Dov’eri tu allora e quanto eri lontano da me? Io vagavo lontano da te (…). Tu, invece, eri più dentro di me della mia stessa parte più profonda e più alto della mia parte più alta (Confessioni 3, 6, 11)

Quante volte l’uomo ritiene di non avere più speranza, di non poter trovare un senso, vivendo un’eterna notte oscura, senza Dio e senza gli uomini. Per quanto lontano, perduto, schiavo, malato, vizioso, incatenato, il cristiano può girare lo sguardo e vedere affianco uno speciale compagno di prigionia, un liberatore, nato in una grotta e seppellito in una grotta, tornato indietro per salvare ciò che era perduto.

Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare alle estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: “Almeno l’oscurità mi copra e intorno a me sia la notte”; nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce (Sal 139, 7-12)

In cosa consiste concretamente la metànoia ? Basta solamente riconoscere intellettualmente l’errore o bisogna cambiare vita, fare qualcosa per staccarsi dalla catene della caverna? Il punto di partenza è riconoscere la propria mentalità, riconoscere di praticare uno stile di vita in base a delle profonde convinzioni. Le azioni rivelano i pensieri. Come il prigioniero della caverna, bisogna comprendere l’orientamento dello sguardo: verso l’ombra o verso la luce? La pratica della conversione implica un aiuto, una grazia. La superba autorealizzazione personale è lontana dalla metànoia come la luterana rassegnazione dell’inutilità delle opere e della relativa pseudo libertà umana. Cosa occorre per trovare il Sole? Per girare lo sguardo, mettersi in piedi, praticare un cammino di salvezza, è necessaria l’umiltà: avere consapevolezza di essere nell’errore, di essere schiavi, di essere al buio, di aver bisogno costantemente di una luce che non possiamo produrre da soli. Il prigioniero per Platone si libera misteriosamente. Per il cristiano il mistero è stato risolto.

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