Giovane

Il termine giovane è etimologicamente presente in svariate lingue in modo similare: il francese jeune, lo spagnolo joven, il portoghese jovem, derivano dal latino iuvenis mentre l’inglese young e il tedesco jung sono ricavati dal sanscrito yuvan, mostrando un’incredibile assonanza. Nel mondo latino giovane è chi aiuta, chi giova qualcuno. Il termine yuvan, molto simile a yavan, definirebbe colui che combatte, che respinge che difende. Chi è nell’età intermedia della vita, non ancora maturo ma non più bambino, è nel fiore degli anni, possiede la forza e la baldanza per diventare uomo. Siamo molto lontani dalla visione dei giovani spensierati, fragili sognatori e insicuri nichilisti che la cronaca degli ultimi anni ha raccontato. Se un giovane si ritira, sfiorisce, si sdraia, non crea una mancanza a tutta la comunità? Chi vuole togliere la forza ai giovani? Chi sta togliendo le difese alla nostra città? Cosa impedisce ai giovani di realizzarsi?

Anticamente il puer diventava iuvenis quando usciva dalla sicurezza della sua casa, quando svestiva l’abito rosso del fanciullo che nell’antica Roma lo rendeva inviolabile. Entrando in battaglia, facendo il suo debutto nella mischia, diventava combattente. Si partecipava alle azioni degli uomini e non di rado si passava ad essere vir in breve tempo. Sul campo si lasciavano le tranquille e pacifiche abitudini del puer e si abbracciava la sorte dello iuvenes. A volte finendo sconfitti. Ma il rischio era ciò che affascinava il puer. Questa è la sorte di Troilo. Il giovane principe troiano finisce ucciso per mano di Achille, in modo truculento pur essendo pronto a diventare combattente nell’esercito dei regolari. Da giovani si impara a combattere e a volte si riportano delle ferite. La battaglia più difficile da combattere è quella interiore. Troppo presto i giovani si arrendono: si adeguano alle regole, senza comprenderle e accettarle, perdono l’ingenua e sincera volontà di non cedere ai vizi. Si piegano come alberi senza radici, appassiti e svuotati.

La storia di S. Agostino presenta proprio l’irrequietezza caratteristica dei giovani, che sanno e non sanno, sono e non sono. La concupiscenza era per lui non una licenza utile per godersi la vita ma un cupo amore carnale che offuscava il cuore e rendeva l’intelletto incapace di distinguere il bene dal male. Occorre ricordare che in questa anamnesi, in questo ricordare le gesta di un tempo, S. Agostino vuole spiegare che l’uomo non può scegliere il male, l’uomo sceglie male. La gioventù, come tempo degli errori, è forse l’età in cui si sperimenta maggiormente questa insicurezza, questo oscillare continuamente tra la ricerca del piacere e la ricerca della felicità. A sedici anni il giovane Agostino non comprendeva come la libidine ammessa dall’onorabilità pervertita dagli uomini, lo stesse allontanando dalla sua felicità.

Dove ero, in quale esilio remoto dalle dolcezze della tua casa trascorsi quel sedicesimo anno di età della mia carne, quando prese il dominio su di me, ed io mi arresi a lei totalmente, la follia della libidine, ammessa dall’onorabilità pervertita degli uomini, ma non dalle tue leggi? S. Agostino, Confessioni, II, 1-2

Se il mondo degli uomini spesso propone ai giovani dei cattivi modelli, è pur vero che esistono bravi maestri che suggeriscono strade diverse. Seneca, per esempio, incoraggia il giovane Lucilio a non lasciarsi andare, a non appiattirsi alla mentalità comune degli adulti ma a mostrare il tratto più caratteristico della giovane età: l’audacia. Andando avanti con l’età si perde la capacità di rischiare, si rimane nella logica della conservazione. Come è abitudine naturale degli anziani. A volte un giovane finisce prono rispetto alle situazioni della vita: è meraviglioso trovare un giovane che rimane in piedi anche nelle situazioni avverse.

Prendi un giovane incorrotto e di intelligenza vivace: dirà che giudica più felice chi sostiene a testa alta tutto il peso delle avversità, chi si erge al di sopra della fortuna. Non c’è niente di strano a non essere scossi quando tutto è tranquillo: ma ti deve meravigliare se uno si solleva quando tutti sono proni, se sta saldo in piedi quando tutti giacciono a terra. Seneca, Lettere a Lucilio

Un giovane in età ma vecchio nelle abitudini, può perdere quella ingenua attrazione per la dolcezza, cedendo alla follia della libidine, libidine che comanda inesorabile come un padrone esigente. La forza del giovane è così sopraffatta dal vizio, cariata dall’interno: una vita depravata è una vita deprivata. L’inganno più grande in cui cadere è scambiare il bene con il male, la vita con la morte. Se si vuole distruggere una vita, occorre farlo da giovani, minando alla base la costruzione dell’edificio. Giovane incorrotto e di intelligenza vivace ammonisce Seneca: la corruzione della moralità e dell’intelligenza è il modo più efficace per rendere le persone eterni fanciulli (puer aeternus), deresponsabilizzati, senza una città da difendere, senza una famiglia da amare, senza una vita feconda.

Una risposta a “Giovane”

  1. Francesca

    Interessante articolo sulla motivazione a cercare di scegliere bene il bene, senza lasciarsi corrompere dall’inganno del male che fa invecchiare la vita privandola dell’amore.

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