Il 2023 inizia con una piccola novità: una novella. A partire dal mese di Febbraio terrò un corso di Filosofia dell’essere presso l’Istituto Superiore di scienze religiose Toniolo di Pescara. Ho pensato ad un programma rispettoso della tradizione ma con l’aggiunta di una prospettiva alternativa all’attuale crisi metafisica: il mito come therapeia. Potrebbe essere il primo e ultimo e perciò assume un significato particolare. Riuscirò o smetterò? Una situazione nuova con tutte le sue incognite. Per alcune settimane ho provato sensazioni analoghe all’attesa della nascita del mio primo figlio: sapevo che stava per nascere ma non avevo idea di come sarebbe accaduto. Soprattutto aspettavo un figlio e non quel figlio. In realtà il giorno della sua nascita ho imparato a non sopravvalutare le mie previsioni. Attendere in base alle mie convinzioni, alle mie emozioni, al mio stato d’animo, alle mie credenze. Attendere in base ad un “mio” che fatica ad avvicinarsi al tu, all’altro, alla realtà. La novità arriva senza chiedere il permesso altrimenti è una semplice esecuzione, una ripetizione, un comando.
In fondo per riconoscere l’essere, occorre professare una disarmante precarietà, accettare di perdere la sicurezza e il controllo. La paternità esprime, analogamente, una costante incertezza, un mediare continuamente tra istanze personali e problemi pratici, educazione e realtà. Quando mio figlio è nato, con lui è nata la mia paternità. Non prima. Non l’ho sentito nove mesi nella pancia, nelle viscere, come la madre. A partire dalla sua presenza è iniziato il mio compito di svelamento del mondo. Come è difficile spiegare ad un bambino che non tutto è permesso, il limite, e contemporaneamente ciò che è permesso e che, a volte, è dovere. Non è forse questo un piano metafisico eccezionalmente quotidiano? Non è l’esperienza che il padre compie anche in modo inconsapevole, dover staccare il figlio dal caldo grembo materno e accompagnarlo nel sentiero della vita? Insegnare ad essere cacciatore di verità, coltivatore di buoni sentimenti, difensore del fuoco sacro? Senza sapere se quel figlio avrà ciò di cui veramente ha bisogno.
La novella rivela quindi la banalità della nostra vita: soltanto quando ci alziamo dall’orizzonte seduto (e sedato) della nostra esistenza allora possiamo accorgerci della trama del reale che oltrepassa la ripetizione coatta di gesti impersonali e spersonalizzanti. Abbiamo imparato a non più rischiare e impediamo che questo rischio sia un problema per le persone che vorremmo amare. La novella è metafisica come atteggiamento di superamento dell’ordinario. In questo corso vorrei essere in grado di rendere visibile ciò che è invisibile, aiutare socraticamente a partorire quel figlio di cui tutti oggi sentiamo nostalgia e bisogno. Una buona novella.
Bellissimo articolo!
Complimenti, buon viaggio in questo percorso socratico e terapeutico di ricerca e svelamento dell’essere!!