L’isola del tesoro

Ciò che Dio vuole nascondere, lo nasconde nella casa del ladro.

Come un’ossessione circola nella mia mente questa frase enigmatica. Un tormento. Perché Dio dovrebbe innanzitutto nascondere qualcosa? Perché dovrebbe poi nascondere qualcosa nella casa del ladro? Siamo in presenza di un doppio mistero. Solitamente il mistero ha qualcosa di fastidioso e lo derubrichiamo al mondo irrazionale. Il mistero non è poi emotivamente decifrabile. Il mistero nasce per essere risolto. Ci intriga ma fino ad un certo punto. Se il mistero si prolunga eccessivamente può provocare frustrazione, rabbia, insoddisfazione. Come mai Dio vuole nascondere qualcosa? Cosa non deve essere facilmente ritrovato? Soprattutto perché la casa del ladro è il posto migliore dove nascondere ciò che Dio vuole nascondere?

L’isola del tesoro, l’isola è il tesoro. Stevenson scrive un romanzo apparentemente per ragazzi in cui il protagonista è il giovane mozzo, Jim Hawkins. L’isola del tesoro potrebbe sembrare un bildungsroman, un romanzo di formazione in cui un ragazzo passa all’età adulta attraverso l’esperienza del male, dell’avidità, del coraggio. Ma esiste una storia nella storia che apre inaspettatamente nuovi orizzonti. I personaggi dannati del libro sono Long John Silver e Ben Gunn, due pirati, due ladri molto diversi tra loro. Silver è il cuoco della nave Hispaniola, un uomo apparentemente bonario, coraggioso, abile. Ha una gamba di legno ma si muove senza problemi dalla cambusa alla cucina, non sembra menomato ed è definito da Jim come il migliore degli uomini. Porta con sé un pappagallo, vecchio e petulante, una creatura del diavolo. Silver vive numerose conversioni nello sviluppo della storia: è a capo dell’ammutinamento, approda sull’isola in cerca del tesoro, lancia l’assalto al fortino dove si rifugiano i “buoni” della storia, infine mente continuamente per salvarsi la vita. Ben Gunn è invece il matto, il pirata abbandonato crudelmente sull’isola a guardia del tesoro del vecchio pirata Flint. Un uomo imbestialito dalla solitudine, vestito di stracci e ridotto ad animale della foresta, la nemesi dei suoi vecchi amici pirati. Gunn ha inoltre un sentimento ambivalente nei confronti di Silver: da una parte lo teme e rabbrividisce al pensiero di incontrarlo, dall’altro il suo percorso redentivo lo induce, alla fine, a lasciarlo andare via su una lancia dell’Hispaniola.

Dove si trova l’isola del tesoro? Potrebbe essere una metafora della nostra vita. Se da un lato siamo in costante ricerca di qualcosa che abbiamo perduto (Silver), dall’altro siamo costretti a custodire qualcosa che non possiamo portare via (Gunn). In altre parole i due pirati, i due ladri, sono portatori di un segreto da nascondere, entrambi sacerdoti del mistero. Per quel mistero ha senso il tesoro. Poco importa se Silver è un filibustiere, un uomo crudele, doppio. Poco importa se Gunn è una scimmia assassina, un uomo che alla fine sperpera la sua parte di bottino. Sono i ladri che nascondono quanto è più prezioso agli occhi degli uomini. Come Zaccheo, sono la casa in cui Dio decide di nascondere ciò che ha di più prezioso: Gesù entra nella casa di Zaccheo, un pubblicano, un ladro, ma anche un puro ricordando l’etimologia del suo nome. Dice il Vangelo che la salvezza entra quel giorno nella casa di Zaccheo ma non dice quando se ne sia andata.

Ciò che Dio vuole nascondere, lo nasconde nella casa del ladro.

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